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LA FOBIA SOCIALE: IL GIUDIZIO ALTRUI

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LA FOBIA SOCIALE: IL GIUDIZIO ALTRUI

La Fobia Sociale (FS) è un disturbo caratterizzato dalla paura marcata e persistente di una o più situazioni sociali o prestazionali nelle quali la persona è esposta a persone non familiari o al possibile giudizio altrui: l’individuo teme di agire (o di mostrare sintomi di ansia) in modo umiliante e imbarazzante.

Secondo alcune ricerche, la diffusione di questa fobia nella popolazione varia intorno al 6-13 %: la fobia sociale, dunque, è caratterizzata dalla paura,eccessiva o irragionevole, di affrontare la presenza degli altri; chi soffre di questo disturbo, però, è in grado di riconoscere l’irrazionalità dei propri timori.  Quando poi ci si allontana dalla circostanza ansiogena, il pensiero più naturale è che in fondo non c’è alcun motivo per allarmarsi, e si è certi che alla prossima occasione si riuscirà a gestire con più serenità quella situazione. Invece, con l’avvicinarsi del momento temuto, l’ansia comincia a crescere.

Beck e Emery (1985)  chiamarono questo fenomeno “doppio codice” , ossia quando siamo lontani da una situazione temuta, la valutazione avviene secondo un codice razionale; mentre non appena siamo prossimi ad essa, tendiamo, invece, ad utilizzarne uno irrazionale.

Un altro elemento caratterizzante la fobia sociale riguarda l’evitamento:  il timore degli altri viene percepito come un ostacolo talmente insormontabile da indurre la persona a fuggire qualsiasi situazione possa provocarlo o a sopportare con il più assoluto disagio quelle alle quali non si può sottrarre. Le cause che portano allo sviluppo del disturbo possono essere molteplici: da un punto di vista biologico, può esserci una “familiarità” tra parenti di primo grado, quindi esisterebbe una predisposizione biologica, una “fragilità” innata associata al timore, definito da Eugenio Borgna, “di essere osservati, di essere giudicati e di essere- rimessi- in- discussione criticamente).
Un’influenza può essere esercitata anche da differenze temperamentali, infatti individui con un temperamento più calmo e riflessivo, definito inibito, più sensibili, tendono a ricercare meno gli stimoli sociali, e, quindi, ad interagire in misura minore con gli altri.

La persona ha difficoltà a costruire rapporti sociali, essendo, per così dire, poco “allenata” nell’utilizzo di abilità relazionali; coloro che possiedono un temperamento inibito sono, di conseguenza, più timidi e mostrano una sensibilità più acuta agli stimoli sociali; già dall’infanzia appaiono come bambini più introversi e più chiusi nei confronti degli altri.

Esistono anche fattori ambientali che possono contribuire all’insorgenza della fobia sociale: genitori ansiosi, che offrono al bambino l’esposizione costante ad un modello comportamentale improntato sul fatto che sia giusto aver paura, preoccuparsi, evitare determinate situazioni, e ammonizioni e richiami continui possono costituire un potente rinforzo; sono determinanti anche ostacoli alle esperienze di socializzazione, ipercriticismo, eccessiva severità, che possono determinare lo sviluppo di una bassa autostima e la paura del giudizio altrui. Un bambino trascurato ed abbandonato avere problemi a fidarsi degli altri, renderlo insicuro e ansioso ed impedirgli di sviluppare attaccamento verso gli adulti di riferimento e, più tardi, verso le altre persone. I genitori stessi conducono una vita isolata e povera di contatti sociali, per timidezza, per mancanza di occasioni o a volte perché diffidenti verso gli altri. Così, il bambino non ha occasioni per imparare ad interessarsi e fidarsi negli altri, per abituarsi alla loro presenza e non averne paura. Inoltre, mancano le occasioni concrete per imparare alcune abilità sociali di base, come, per esempio, salutare gli altri senza vergognarsi, chiacchierare, esprimere le proprie idee. Come emerso da alcuni studi, una consistente percentuale di coloro che soffrono di fobia sociale, hanno affrontato molteplici esperienze negative o, addirittura, traumi: tali esperienze possono variare da prese in giro, “figuracce”, incapacità di affrontare adeguatamente situazioni in cui si è esposti all’attenzione altrui, si è messi in ridicolo, o si sono subite prepotenze ecc; la paura può essere appresa anche solo osservando quanto succede alle altre persone.  Secondo lo psicanalista milanese Giuseppe Pozzi, l’ansia sociale costituisce una delle principali cause dello “sfasamento tra quello che pensano di dover essere e quello che sono veramente. Le persone ansiose si immaginano in modo drammatico l’incontro che hanno in programma. E al momento clou, manifestano la loro preoccupazione attraverso arrossamenti, tremori o eccessiva sudorazione. Sintomi fisici che le imbarazzano e le portano a rinchiudersi in se stesse. Quando poi si ritrovano da sole, vengono assalite dai rimpianti e si giudicano in modo duro”. La giornalista Vania Crippa, autrice dell’articolo Mi sento spesso inadeguata, dal quale ho tratto il contributo dello psicanalista, sostiene che questo circolo vizioso di chiusura e durezza verso se stessi, deriva dall’infanzia, dove il bambino era costretto ad essere sempre il migliore, o, all’opposto, veniva continuamente svalorizzato: in ambedue i casi, egli vive le relazioni con gli altri con l’unico scopo di dare un’immagine di sé positiva.

Nell’articolo è riportato anche il pensiero di Alain Ehrenberg, sociologo francese, che nel suo libro La fatica di essere se stessi (Einaudi), scrive: “ Nella società di oggi l’individuo è schiacciato dalla necessità di mostrarsi sempre all’altezza”; la psicologa milanese Chiara Gusmani aggiunge che “Pretendere troppo da sé e cadere nell’eccesso di perfezionismo è facile quando i modelli proposti sono quelli di persone dal fisico perfetto, sempre sorridenti e in forma. La vera perfezione sta invece nella propria unicità, nella consapevolezza dei propri limiti e delle proprie risorse”.
E’ importante precisare che soffrire di una fobia sociale è molto diverso dall’essere semplicemente timidi: le due condizioni si collocano lungo un continuum, ma differiscono che gravità ed intensità dei sintomi. La timidezza comprende caratteristiche non necessariamente disturbanti, ma semplicemente descrittive: da un lato essere timidi ostacola la conoscenza di nuove persone, d’altro canto, però, la timidezza può rivelarsi anche affascinante ed apprezzata: inoltre, essa non interferisce pesantemente con la riuscita sociale, lavorativa e scolastica. La persone timida vive le sue paure come fossero semplici difficoltà da affrontare e superare, il fobico sociale, invece, percepisce quella stessa paura come un ostacolo insopportabile ed insuperabile, e prova la falsa convinzione che gli altri non provino mai ansia.

Abbiamo già delineato i criteri necessari per diagnosticare la Fobia Sociale secondo il DSM IV, ma, al di là di classificazioni psichiatriche, credo sia necessario adottare una prospettiva più vasta, riprendendo la ripartizione adottata da  Laura Bislenghi e Nicola Marsigli nel loro volume. Area del pensiero: attenzione polarizzata sulla situazione che si deve affrontare, costante preoccupazione riguardo a ciò che penseranno gli altri,  pensare che qualsiasi cosa si faccia o si dica sia sbagliata, convinzione di non poter sostenere la situazione, pensare di essere osservati da tutti, convinzione che gli altri non provino ansia sociale, focalizzare la propria attenzione sui propri pensieri e sui sintomi della propria ansia,  pensare che quanto fatto in quella situazione sia sbagliato,  essere molto critici verso se stessi.

Area del comportamento: cercare di evitare la situazione, evitare il contatto oculare, cercare di non attirare l’attenzione,  provare a nascondere le proprie difficoltà, ad esempio coprendosi le guance arrossite con le mani,  scusarsi senza ragione, non dire “No” quando si dovrebbe.

Area delle sensazioni somatiche: tensione muscolare,  nausea,  disturbi intestinali; rossore,  vampate di calore,  tremori,  balbettio,  sudorazione, batticuore,  gambe molli.

Area delle emozioni e delle sensazioni: senso generale di agitazione e di preoccupazione all’avvicinarsi, della situazione temuta,  ansia accentuata,  sensazione di incapacità,  sensazione di essere al centro dell’attenzione, sensazione di imbarazzo e/o vergogna,  senso di sconfitta e tristezza al termine della situazione.

Spesso la persona che soffre di fobia sociale non è compresa dalle altre persone, che la considerano lenta o poco intelligente: non riescono a concepire il tumulto di pensiero, dietro ad un’apparenza quieta e silenziosa.

La fobia sociale è associata ad un’ansia anticipatoria particolarmente significativa, e viene classificata in due tipologie fondamentali: specifica, quando si presenta solo in alcune situazioni particolari, come, ad esempio, presentare una relazione sul posto di lavoro oppure conoscere una persona nuova, e generalizzata, quando la fobia è presente nella quasi totalità delle situazioni sociali, risultando, perciò, maggiormente invalidante. Solitamente, quella generalizzata ha un esordio più precoce e questo, probabilmente, conduce le persone sofferenti ad evitare, all’inizio, solo alcune situazioni ansiogene, poi quelle che appaiono simili, e così via, fino a generalizzare l’evitamento ad una vasta gamma di contesti sociali.

La fobia sociale può anche essere classificata come riferita esclusivamente a situazioni di performance (ad esempio firmare o tenere un discorso di fronte agli altri), oppure come riguardanti  circostanze di presenza sociale (ad esempio dover andare ad una festa o parlare con una persona sconosciuta). Molteplici ricerche hanno evidenziato la stretta correlazione esistente tra fobia sociale e rischio di depressione e / o alcolismo, come emerge anche da una rassegna di Weiller, Bisserbe, Boyer, Lepine e Johnson (1996):  in particolare, l’alcool sembra inibire la focalizzazione su di sé, eccessiva negli ansiosi fobici, e perciò spesso questi individui utilizzano gli alcolici per ridurre l’ansia in situazioni sociali temute.

A cura del Dott. Massimiliano Stocchi