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COS’E’ IL TRAINING AUTOGENO: UNA GUIDA PER CONOSCERLO MEGLIO

Operatore di Training Autogeno_ Chi è e cosa fa_

COS’E’ IL TRAINING AUTOGENO: UNA GUIDA PER CONOSCERLO MEGLIO

COSA E’ IL TRAINING AUTOGENO

Con il termine Training Autogeno si fa riferimento ad una tecnica di rilassamento di interesse psicofislologico, un metodo di aiuto psicosomatico elaborato dallo studioso di origine berlinese J.H. Schultz e dal suo stesso fondatore definita come un “metodo di autodistensione da concentrazione psichica”.

La stessa etimologia del termine rimanda ad una pratica del tutto particolare: allenamento che si genera (dal greco, Genos) da sè (dal greco, Autos; allenamento che si genera da sè).

Il training autogeno (T.A.) consiste nell’apprendimento graduale di una serie di esercizi di concentrazione psichica passiva che permettono progressivamente il realizzarsi di spontanee modificazioni di funzioni involontarie (tono muscolare, funzionalità vascolare, attività cardiaca e polmonare, equilibrio neurovegetativo, stato di coscienza). (Presson, 1975)

Questo stato di “commutazione autogena” genera una deconnessione psichica permettendo appunto il passaggio da uno stato di veglia ad uno stato di metabolismo di base simile al sonno (Schultz, 1986).

Il concetto di “commutazione” a cui Schutzl si riferisce, rimanda al concetto di cambiamento, modificare uno stato di cose ormai stabilmente strutturato.

Da un punto di vista fisiologico, nella pratica del T.A., effettivamente cambiano le relazioni fra le strutture del sistema nervoso, in modo tale da dare alla funzionalità dell’organismo, soprattutto relativamente al sistema neurovegetativo, un diverso assetto.

Dal punto di vista psicologivo commutare significa cambiare atteggiamenti di vita radicati, abbandonare inveterate abitudini, usare in modo diverso il pensiero, l’ attenzione, la concentrazione. Nel caso del Training Autogeno significa “allenarsi” in modo diametralmente opposto dal consueto concetto di allenamento. Negli allenamenti di vita quotidiana infatti, ci si addestra a fare qualcosa, nel T.A. ci si addestra a “non fare”. Conquistiamo piano piano la capacità di staccarci dalla nostra suprema passione: quella di agire, di operare sulla realtà, per trasformarla e adattarla ai nostri fini; dunque nella pratica del T.A. “ci si allena a non allenarsi”.

Pur avendo una matrice comune con la pratica ipnotica, il T.A. si differenzia sia dalle tecniche autoipnotiche che eteroipnotiche poiché le realizzazioni somatopsichiche sono attivamente indotte dal soggetto e non dal terapeuta, nel T.A. infatti il soggetto diviene man mano del tutto autonomo.

Oltre che dalle tecniche ipnotiche, gli esercizi del training autogeno si differenziano sostanzialmente dai comuni esercizi ginnici, in quanto, con questi ultimi si tende a particolari scopi, ci si allena attivamente per migliorare determinate prestazioni, in conclusione si vuole raggiungere qualcosa nell’attività più totale. Gli esercizi del T.A. hanno invece lo scopo di farci raggiungere lo stato autogeno che è una condizione di passività assoluta, priva di atti volitivi, realizzata nella indifferente contemplazione di quanto spontaneamente accade nel proprio organismo e nella propria mente.

In conseguenza dell’apprendimento di questo nuovo ed insolito atteggiamento si sviluppano spontaneamente modificazioni psichiche e somatiche che sono di senso opposto a quelle provocate nella nostra mente e nel nostro corpo da uno stato di tensione, di ansia, di stress.

Di fronte ad una situazione-stimolo che, sia a livello psicologico che somatico, superi una certa soglia di tolleranza, l’unità biopsichica reagisce, a seconda dell’intensità dello stimolo, con tensione muscolare, spasmo viscerale, sensazione di freddo per il corpo, alterazione funzionale nei meccanismi neurovegetativi, endocrini, umorali. Si può inoltre avvertire sensazioni di calore al capo, l’impressione di essere sopraffatti dalle proprie emozioni e dai pensieri che si affollano nella mente.

L’allenamento alla realizzazione di uno stato di sempre maggiore passività, consente invece all’unità biopsichica, di reagire gradualmente, in modo opposto. Si determinano allora distensione muscolare e vascolare, rilasciamento viscerale, sensazione di calore per il corpo, regolarizzazione funzionale nei meccanismi neurovegetativi, endocrini, umorali; infine sensazione di fresco alla fronte che corrisponde a uno stato di calma, di benessere, di pace interiore.

Nonostante lo stesso Schultz definì il proprio metodo “Yoga occidentale” e l’ esistenza di molte affinità fra le due tecniche, possiamo riscontrare una nel soggetto che le realizza uno stato di concentrazione totalmente differente: nel T.A. essa è passiva e si orienta su sensazioni somatiche, mentre nelle tecniche orientali è attiva e si avvale di spunti meditativi a contenuto religioso.

La caratteristica fondamentale di questo metodo e’, appunto, la possibilità di ottenere, attraverso esercizi che potremmo considerare “mentali”, delle reali modifiche corporee, che a loro volta sono in grado di influenzare la sfera psichica dell’individuo.

Ciò è possibile proprio perchè l’organismo umano si configura come unità biopsichica, in cui mente e corpo sono strettamente correlati, in un rapporto di influenza reciproca e costante; è pertanto possibile attraverso semplici attività mentali produrre modificazioni delle funzioni organiche e viceversa.

 

STORIA DEL TRAINING AUTOGENO

Il Training Autogeno si diffuse come tecnica agli inizi del ‘900. Venne ideata negli anni ’30 da J.H. Schultz neurologo, psichiatra e studioso di ipnosi (Berlino, 1884-1970).

Tuttavia il concetto di “pace interiore” è un’ideale ben noto all’umanità, infatti, mentre lo studio e l’applicazione delle più diverse metodologie scientifiche a difesa dallo stress e della salute è relativamente recente, i sistemi di concentrazione e di ricerca di pace interiore si ripercorrono nel tempo e nello spazio dei diversi paesi e delle diverse culture della nostra storia. Già nel XVI secolo Simeone fondatore della setta degli “Esicasti” (contemplatori dell’ombelico) formulò una meditazione cristiano-bizantina che si rifaceva al teologo e monaco sul monte Athos, in Grecia, Gregorio Palamàs. Un’ordine monastico, tuttora esistente, praticava una preghiera monologica che veniva facilitata da particolari posizioni corporee (portare lo sguardo sull’ombelico) e dalla disciplina del respiro attraverso una serie di esercizi respiratori scanditi dalla ripetizione della frase inizialmente mormorata e poi ripetuta mentalmente, in modo da immergersi in profonde meditazioni che permetteva di ottenere l’unione della mente con il cuore.

eccessiva e una compatibile temperatura ambientale), poi gli stimoli afferenti ed efferenti (una posizione del corpo comoda, un certo stato di calma, la chiusura degli occhi). ’ Si trattava così di ottenere un “ipnosi frazionata” , dove il paziente ritornava allo stato di veglia più volte per raccontare il proprio vissuto durante l’induzione e dal quale poter fare ulteriori approfondimenti. La collaborazione e la cooperazione di soggetti più facilmente ipnotizzabili permise di fargli realizzare lo stato d’ipnosi completamente da soli.

Schultz in un lavoro del 1920, arrivò a parlare di una “formazione di strati nell’auto-osservazione ipnotica” e giunse a formulare tale quesito: “E’ possibile realizzare in un individuo gli stessi fenomeni e le stesse sensazioni che accadono durante una seduta ipnotica, senza l’intervento dell’ ipnotista e soprattutto in condizioni di piena coscienza, cioè senza perdere il controllo esterno?”

La risposta dopo una serie di approfonditi studi fu la realizzazione della tecnica attuale del Training Autogeno.

Egli in pratica costruì un metodo che avendo come scopo uno stato di rilassamento neuromuscolare portava a delle modificazioni vere e proprie dell’organismo migliorando la capacità globale dell’individuo.

Ben presto la sua opera venne accettata dalla società medica Berlinese e divulgata a livello scientifico.

Nel XVI secolo Ignazio di Loyola, fondatore dei Gesuiti, compose nei suoi esercizi spirituali una particolare forma di preghiera che prevede di regolare la recitazione interiore con i singoli atti respiratori. Durante l’espirazione occorreva pronunciare la parola della preghiera, nell’intervallo tra un’espirazione e un’altra l’attenzione va rivolta al significato della parola precedente o alla persona per la quale si prega.

Il T.A. risentì fortemente della collaborazione tra Schultz e Oskar Vogt, psichiatra ed esperto ipnotista, il quale, attraverso una serie di studi sulla psicofisiologia del sonno elaborò un metodo da lui denominato “metodo frazionato” (o anche “ipnosi frazionata o parziale”). Questo metodo partiva dal presupposto teorico che l’ipnosi e il sonno avvengono attraverso un centro del sonno che lavora per via riflessa. Pertanto il “sonno artificiale” poteva realizzarsi mediante un training progressivo che riducendo ed inibendo alcuni processi cerebrali attivava nel soggetto automatismi condizionati. L’ipotesi di Vogt metteva in atto una nuova relazione con il paziente, da un lato ricreare quelle condizioni favorevoli al sonno naturale del riposo notturno, attraverso la diminuzione delle variabili (evitare i rumori molesti, l’illuminazione eccessiva e una compatibile temperatura ambientale), poi gli stimoli afferenti ed efferenti (una posizione del corpo comoda, un certo stato di calma, la chiusura degli occhi). ’ Si trattava così di ottenere un “ipnosi frazionata” , dove il paziente ritornava allo stato di veglia più volte per raccontare il proprio vissuto durante l’induzione e dal quale poter fare ulteriori approfondimenti. La collaborazione e la cooperazione di soggetti più facilmente ipnotizzabili permise di fargli realizzare lo stato d’ipnosi completamente da soli.

Schultz in un lavoro del 1920, arrivò a parlare di una “formazione di strati nell’auto-osservazione ipnotica” e giunse a formulare tale quesito: “E’ possibile realizzare in un individuo gli stessi fenomeni e le stesse sensazioni che accadono durante una seduta ipnotica, senza l’intervento dell’ ipnotista e soprattutto in condizioni di piena coscienza, cioè senza perdere il controllo esterno?”

La risposta dopo una serie di approfonditi studi fu la realizzazione della tecnica attuale del Training Autogeno.

Egli in pratica costruì un metodo che avendo come scopo uno stato di rilassamento neuromuscolare portava a delle modificazioni vere e proprie dell’organismo migliorando la capacità globale dell’individuo.

Ben presto la sua opera venne accettata dalla società medica Berlinese e divulgata a livello scientifico.

 

MECCANISMI D’AZIONE E CORRELATI NEUROBIOLOGICI DEL TRAINING AUTOGENO

Il Training Autogeno si basa sulla correlazione tra stati psichici, in particolare le emozioni e gli aspetti somatici dell’individuo. Le emozioni sono il risultato di un complesso insieme di modifiche che coinvolgono il sistema nervoso periferico, il sistema nervoso centrale, il sistema neuroendocrino (in particolare una particolare regione situata alla base del cervello, la Formazione Reticolare, che è in grado di controllare, a sua volta, molteplici funzioni dell’organismo: psichiche, ormonali, vegetative).

L’attribuzione cognitiva (ad esempio un’emozione vissuta come piacevole o spiacevole) viene mediata dalla neocorteccia. Oltre ad una predisposizione genetica, l’assetto, ovvero l’equilibrio, tra aspetti prevalentemente somatici ed aspetti di natura principalmente cognitiva (risultanti dall’interazione con l’ambiente fisico e sociale) determina il tipo di risposta che ognuno avrà rispetto all’ambiente stesso durante lo sviluppo.

Il T.A. mira ad auto-indurre volontariamente unattivazione dell’area trofotropica (nellipotalamo), mediante la ripetizione mentale di certe frasi o immagini. La stimolazione di quest’area determina l’attivazione del sistema parasimpatico con conseguenti fenomeni quali la riduzione del ritmo cardiaco, della frequenza respiratoria e del tono muscolare, i quali, caratterizzano lo stato di rilassamento, o metabolismo basale, ovvero il metabolismo che avrebbe il corpo in uno stato di assoluto riposo, senza nessuna attivazione fisica o mentale. In modo volontario è possibile dunque raggiungere la condizione che si raggiunge spontaneamente con il sonno: la riparazione, rigenerazione e rivitalizzazione dell’organismo (per alcuni studiosi, nei soggetti che hanno raggiunto un grado elevato di allenamento, un breve esercizio di T.A. potrebbe addirittura sostituire una o due ore di sonno).

In questa tecnica, contrariamente all’ipnosi, la coscienza conserva sempre uno stato di relativa vigilanza (non vi è perdita di coscienza).

Mediante l’elettroencefalogramma è possibile misurare le onde cerebrali, le quali, nella pratica del T.A. differiscono in modo significativo sia da quelle prodotte durante il sonno che da quelle prodotte sotto ipnosi. La variazione più significativa è riscontrabile nel ritmo alfa. Il ritmo alfa è costituito da onde sinusoidali la cui frequenza media è di solito 10 c/s, con una gamma compresa tra 8 e 13 c/s. Esso si evidenzia nella regione occipito-temporo-parietale ed ha un potenziale compreso tra 25 e 70 microvolt. Il ritmo alfa si presenta di solito intermittente . L’ unità percentuale di ritmo alfa presente in un tracciato viene denominato indice alfa. Tale ritmo alfa è caratteristico dello stato di riposo. Alla chiusura degli occhi compare spesso una certa attività alfa, intervallato da periodi di ritmo più piatto. Nel tracciato E.E.G. dell ipnosi si nota il ritmo alfa desincronizzato nei due emisferi, in particolare si assiste all’ iperfunzione dell’ emisfero destro. Nel T.A. vi è la presenza sincronizzata di ritmo alfa nei due emisferi, si assiste cioè allo stato di coscienza caratterizzato da una contemporaneità conscio-inconscio, che si integrano a vicenda.

Con il procedere dell’allenamento autogeno dunque il ritmo alfa tende a :

  • essere più presente nel tracciato
  • aumentare la frequenza delle “bouffées” dei fusi
  • aumentare di voltaggio (fino a 250mv)
  • essere presente nel tracciato anche per molto tempo dopo la fine dell’esercizio

 

TRAINING AUTOGENO: ESERCIZI INFERIORI E SUPERIORI

La pratica del T.A. si compone di Esercizi Inferiori, strettamente psicofisici ed esercizi Superiori, più strettamente psichici. Gli esercizi Inferiori sono sei:

  • pesantezza
  • calore
  • cuore
  • respiro
  • plesso solare
  • fronte fresca

Essi sono basati su su uno stato di concentrazione passiva sull’esperienza sensoriale relativa a ciascuna dei punti citati. Per il corretto svolgimento degli stessi è opportuno un ambiente tranquillo, non troppo caldo né troppo freddo, scarsamente illuminato, allo scopo di diminuire le stimolazioni esterne. L’abbigliamento consigliabile dei soggetti dovrà essere comodo, da preferire indumenti non troppo stretti (colletti, cravatte, cinture) o troppo pesanti che possano, determinare un accumulo di calore corporeo.

Fondamentale risulta essere la postura assunta dal soggetto, che dovrà essere tesa a favorire il rilassamento ed evitare qualsiasi tensione muscolare.

Tre sono le posizioni consigliabili, a seconda del luogo e della circostanza in cui gli esercizi andranno a svolgersi:

  • Posizione seduta (su una poltrona): seduti su un’accogliente poltrona che favorisca il corretto posizionamento del soggetto, in cui cioè la lunghezza del femore del soggetto deve essere pressochè simile alla lunghezza del sedile, in modo che la schiena possa comodamente aderire allo schienale e le gambe non siano spinte in avanti. I braccioli della poltrona dovranno essere posti in modo che le braccia vi siano appoggiate passivamente e senza tensioni muscolari, l’avambraccio dovrà formare con il braccio un angolo ottuso di 120 gradi. Le mani non dovranno toccarsi fra loro.
  • Posizione supina: distesi, con il capo leggermente sollevato da un guanciale posizione con testa leggermente sollevata da un guanciale. Braccia incurvate fino a formare angolo di 120 gradi, gambe leggermente aperte. È la posizione da preferire se attuabile.
  • Posizione da cocchiere: Schultz la notò dopo aver osservato a lungo le persone che dovendo stare a lungo sedute assumevano per stare più comode e rilassate. Molto simile ai conducenti delle carrozze dei cavalli. Necessaria qualsiasi sedia (o sgabello). Colonna vertebrale diritta nella parte inferiore mentre schiena e spalle leggermente incurvate in avanti, capo penzola in avanti che però non tocca il petto. Gambe leggermente aperte, piedi appoggiati a terra, braccia che formano con il gomito angolatura di 120 gradi, cadono sulle cosce, mani penzolanti all’interno. Il vantaggio di tale posizione è che essa può essere attuata in qualsiasi ambiente.

Come per ogni apprendimento in campo psicologico, si giova di un’atmosfera di gruppo. La realizzazione degli esercizi del T.A. in gruppi di soggetti, consente l’utile attuazione del reciproco controllo della catalessia.

Dopo che il soggetto ha assunto l’atteggiamento somatico opportuno per la realizzazione degli esercizi, è opportuno invitarlo a chiudere gli occhi, in modo da poter attenuare l’influenza delle stimolazioni ambientali.

Dopo che il soggetto ha chiuso gli occhi è opportuno invitarlo a disporsi mentalmente in un atteggiamento di calma; egli deve rappresentarsi, nel miglior modo possibile, la formulazione immaginativa “io sono perfettamente calmo”.

Il T.A. si realizza dunque attraverso una serie di esercizi di concentrazione, durante i quali l’individuo impara a ripetersi mentalmente determinate formule, mirate alla distensione di specifiche zone corporee.

Il primo passo per raggiungere, in modo semplice, il completo rilassamento dell’organismo è cominciare con il distendere la muscolatura scheletrica.

Poiché quando un muscolo è completamente disteso lo si percepisce pesante, Schultz stabilì proprio come primo esercizio del T.A. quello della pesantezza.

Il soggetto deve cioè immaginare che il proprio corpo diventi pesante (attraverso la formula “il mio braccio destro è pesante” ; sinistro per i mancini), si continua con il braccio sinistro, si procede gradualmente, generalizzando così la sensazione di pesantezza a tutto il corpo.

Questo esercizio si configura come molto utile per superare problemi psicofisici legati a tensioni muscolari che derivano da tensioni emotive.

Il secondo esercizio mira invece al rilassamento del sistema vascolare. Tale condizione si realizza attraverso l’induzione del calore, che come per la pesantezza, dal braccio viene generalizzato a tutto il corpo. Immaginando che il proprio corpo diventi caldo, è possibile infatti ottenere una reale vasodilatazione periferica, corrispondente alla distensione della muscolatura che ricopre i vasi sanguigni. Tale esercizio serve per alleviare problemi circolatori, in tutti i casi in cui ci sia un problema di ridotto afflusso del sangue alle estremità, aiuta a riscaldare i muscoli e ad aumentare lo stato di rilassamento prodotto dalla pesantezza

Lo stato di calma, già parzialmente ottenuto con i precedenti esercizi, viene reso più profondo con il terzo esercizio quello del cuore. In questa fase del training il soggetto deve ripetersi mentalmente la formula “il mio cuore batte calmo e regolare”. Questo esercizio, regolarizzando l’attività cardiaca, permette il consolidarsi dello stato di rilassamento; inoltre essendo la funzionalità cardiaca molto influenzata da fattori psichici ed emotivi, l’esercizio favorisce una più profonda tranquillità emotive dell’individuo che riesce a mettersi in contatto con il proprio ritmo di vita e con quella parte del corpo che simbolicamente deputiamo alle emozioni.

Anche il quarto e’ un esercizio di ritmo, che si concentra questa volta sul respiro. Con la formula “il mio respiro è calmo e regolare” la respirazione diviene sempre più profonda e spontanea, avvicinandosi a quella che si ha durante il sonno. Esso è un esercizio molto suggestivo che produce una migliore ossigenazione del sangue e degli organi. E’ importante nel simbolismo respiro-vita.

Con il quinto esercizio, ci si concentra, invece, sul plesso solare, una struttura nervosa situata al di sotto del diaframma, tra lo stomaco e la colonna vertebrale, che si collega a numerosi organi interni: stomaco, intestino, fegato, pancreas, milza, reni e ghiandole surrenali.

Con la formula “il mio plesso solare e’ piacevolmente caldo”, tale struttura si distende, come anche tutti gli organi addominali sopra citati ed è sovente riscontrare un valido aiuta soprattutto per chi soffre di problemi digestivi.

Il ciclo di esercizi si conclude con quello della fronte; mentre per il corpo la distensione e il rilassamento vengono favoriti dalla vasodilatazione (esercizi della pesantezza e del calore), per quanto riguarda la testa, e’ la vasocostrizione a portare una piacevole sensazione calmante. Per questa ragione, l’ultimo esercizio prevede la ripetizione della formula “la mia fronte è piacevolmente fresca”,che induce nell’individuo una vasocostrizione cerebrale e dunque una sensazione di benessere e rilassamento anche nella zona del capo. Molto utile per ridurre il mal di testa soprattutto se legato ad un sovraccarico fisico o mentale.

Alla fine del sesto esercizio il soggetto ha acquistato una distensione corporea generale, che si manifesta, anche a livello mentale, con una profonda sensazione di calma; il rilassamento è ormai completo e profondo.

Per quanto riguarda gli esercizi del Ciclo Superiore; essi non più orientati sul soma ma sulla psiche, con essi è possibile favorire la produzione di un ricco materiale di provenienza inconscia. L’applicazione degli esercizi superiori può essere intrapresa soltanto da psicoterapeuti che abbiano un’approfondita esperienza nella dinamica psicologica.

 

TRAINING AUTOGENO: EFFETTI BENEFICI E LIMITI NELLA PRATICA

Il Training Autogeno trova grande diffusione in campo clinico psicologico e psicosomatico come tecnica volta ad affrontare una vasta serie di disturbi, in particolare disturbi funzionali e somatizzazioni di tipo neurovegetativo (cefalee,tachicardie, problemi circolatori e respiratori, disturbi gastrici e digestivi); fobie e disturbi d’ansia; tic e balbuzie; disturbi del sonno (insonnia, apnee). La tecnica, inoltre, essendo particolarmente concentrata sul corpo, aiuta l’individuo ad aumentare l’ascolto ed il controllo delle proprie funzioni organiche, favorendo, di conseguenza, anche una maggiore introspezione e coscienza di sè.

Un’altra funzione del T.A. riguarda la percezione del dolore.

Come è noto la sensazione dolorifica è caratterizzata dall’alterazione di alcuni apparati: il battito cardiaco e la frequenza respiratoria aumentano, si produce tensione muscolare, il T. A. normalizza e distende proprio quegli apparati, pertanto, pur non cancellando la fonte di dolore, aiuta il soggetto a percepirlo meno intenso. Inoltre, va ad agire anche sulla componente affettiva (paura e ansia) in grado di intensificare la percezione dolorifica.

Il Training Autogeno, risulta utile per migliorare le performance del soggetto in termini di capacità di memorizzazione e di concentrazione, il rendimento scolastico, sportivo, lavorativo, può servire per migliorare alcuni aspetti legati alle paure e alla timidezza, per i problemi legati al rapporto interpersonale, di coppia, sessuali, per quelli connessi alle problematiche relative all’abuso di sostanze (in particolare nicotina e alcool)

Il T.A. è in grado di aumentare gli effetti positivi nella pratica sportiva. L’apprendimento della tecnica consente infatti di controllare meglio il tono muscolare, recuperare le energie, controllare l’emotività e l’ansia pre-agonistica, padroneggiare e dosare lo sforzo atletico.

Infine il T.A. trova largo impiego in Ostetricia, dove viene utilizzato in Italia a partire dagli anni ’60 nella psicoprofilassi al parto. Viene generalmente suggerita la tecnica che utilizza i primi due esercizi: pesantezza e calore ed uno complementare: il respiro.

Esistono, tuttavia, delle situazioni nelle quali la tecnica di Schultz va applicata con cautela o addirittura sconsigliata.

In alcuni casi, infatti, quando è presente una condizione che può invalidare l’azione del T.A. o interferire con una malattia già in atto, è opportuno apportare delle modifiche, nel senso che si deve cambiare o addirittura omettere un esercizio.

Per esempio, se una persona è stata vittima di un grave trauma cranico, si deve evitare del tutto l’esercizio della fronte, e così via.

Il T.A. viene assolutamente sconsigliato nei casi di grave disturbo psichico in stato di scompenso o di ritardo mentale; per patologie mediche molto serie, come l’infarto del miocardio o l’ipertensione grave su base organica, non causata cioè da ansia e stress.

Un’ ultima esclusione va fatta circa i cosiddetti soggetti refrattari, ossia quelle persone che, pur godendo di condizioni fisiche e psichiche tali da garantire una buona riuscita del T.A., non potrebbero ottenere alcun beneficio dalla tecnica: si tratta, in questo caso, di individui estremamente inibiti o che si allenano con poca costanza e svogliatezza, non raggiungendo cosi’ nessun risultato.

Infatti nel T.A., come in qualunque altro tipo di trattamento, è necessaria una buona dose di motivazione e un sincero interesse, da parte del paziente, nei confronti della tecnica.

Sicuramente il T.A. permette di affrontare meglio tali elementi disturbanti, di correggerli o contenerli se esasperati, ma non può risolverli, in quanto non va a fondo nei problemi, nè ha fra i suoi scopi la ristrutturazione profonda della personalità dell’individuo (anche se l’esercizio costante può generare automaticamente una modificazione della personalità dell’individuo).

 

CONCLUSIONI

Il T.A. si può definire come una psicoterapia breve fondata sui principi dell’ideoplasia e della concentrazione psichica passiva, che consente di realizzare mediante uno specifico tipo di allenamento psicofisico, l’equilibrio neurovegetativo, la calma interiore e le conseguenti modificazioni positive di personalità; dove per “ideoplasia” si intende la capacità di un elemento ideativo (cioè un’ immagine, un pensiero o un concetto)di di produrre formazioni, cioè modificazioni somatiche e per “concentrazione passiva” si intende la condizione della psiche in assenza di sforzo, di volontà, di attenzione e di azione , dimensione naturale dell’ uomo.

La psicoterapia quindi in questa ottica si trasforma in auto-terapia in quanto solo il soggetto è artefice dei propri progressi e delle conquiste che si verificano durante la pratica del T.A.