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FENOMENO DOPING: TRA PROGETTI DI RICERCA ED INTERVENTI

doping e sport

FENOMENO DOPING: TRA PROGETTI DI RICERCA ED INTERVENTI

Introduco questo breve documento con la prefazione al rapporto italiano sul fenomeno Doping realizzato dall’Istituto Italiano di Medicina Sociale (IIMS) nel 2004, dal quale trarrò molti riferimenti in seguito. Il Presidente dell’IIMS Pietrantonio Ricci commenta cosi:

“Negli ultimi anni l’uso di sostanze farmacologiche a scopo di doping, sia in ambito agonistico sia non agonistico, ha avuto un forte incremento, non solo tra chi pratica sport ad alto livello, ma anche nella popolazione generale. È soprattutto l’atleta in formazione che può essere indotto all’uso di sostanze con effetto doping, sia per imitazione di atleti famosi, sia perché sottoposto a crescenti pressioni da parte di genitori, allenatori e, non in ultimo, coetanei, per il miglioramento a tutti i costi delle prestazioni atletiche. Ne consegue che sempre più di frequente ci si avvicina all’uso di farmaci o integratori dietetici ancor prima di apprendere le tecniche basilari dell’allenamento. Un’efficace attività di prevenzione nel campo del doping implica l’implementazione di strette sinergie con i medici dello sport inseriti nelle attività di prevenzione e di certificazione dell’idoneità sportiva. Altrettanto importante è la riappropriazione da parte della scuola del compito di educare a una pratica sportiva divertente e proporzionata ai bisogni, in cui ciascuno, semplicemente migliorandosi, può trovare la propria vittoria. È necessaria, inoltre, la realizzazione di analisi conoscitive del fenomeno ad ampio raggio, negli ambienti e presso le persone potenzialmente interessate, che devono tendere ad ottenere dati più possibile veritieri e completi. Tali indagini vanno svolte nell’ambito di programmi sanitari di prevenzione rivolti alla tutela della salute degli sportivi e intraprese in maniera del tutto autonoma e collaterale rispetto ad altre iniziative di interesse e di competenza delle organizzazioni sportive, che mirano essenzialmente alla tutela della correttezza dei risultati agonistici, e quindi della credibilità dello sport. Sul piano normativo-istituzionale la prevenzione del doping appartiene tipicamente alla sfera della tutela della salute e dell’incolumità dei cittadini. A questo proposito, va esplicitato il richiamo definitorio costituzionale circa il fatto che il bene messo a repentaglio dal doping è la salute, nella biunivoca connotazione giuridica attribuitale dalla legge come “diritto dell’individuo” e “interesse della collettività” (art. 32 Cost.) e nella non meno elevata posizione sanzionatoria prevista dal Codice Penale per violazioni anche minime della sua integrità (Titolo XII – Capo I: “Dei delitti contro la vita e l’incolumità individuale”). “

 

Che cos’è il Doping?

Il doping è un problema che affonda le sue radici in tempi remoti. Secondo una moderna definizione proposta dal Gruppo Europeo di Etica il doping è “l’uso sostanze, dosaggi o metodi (illeciti) con l’intenzione di migliorare le prestazioni sportive, il cui utilizzo è bandito principalmente perché ha effetti dannosi sulla salute degli sportivi e può compromettere le condizioni comunemente accettate di gioco leale”[1]. Il doping è un fenomeno assai complesso alla cui diffusione concorrono diversi momenti che s’intersecano e si potenziano fra loro rendendo l’approccio complessivo al fenomeno assai difficoltoso. Aspetti normativi, scientifici ed etici si sovrappongono ad aspetti tecnico-organizzativi intrinseci allo sport, a quelli legati all’informazione e a interessi di tipo commerciale[2]. Ne consegue che analizzare in maniera esaustiva il fenomeno doping per proporre delle linee guida di comportamento che possano permettere di informare e formare gli sportivi è un compito impegnativo. Gli “specialisti”, chiamati a dare il loro contributo in  materia, hanno spesso una visione insufficiente ed un’imprecisa percezione del fenomeno doping, poiché lo valutano solo da un punto di vista settoriale, senza tenere conto che esso si diffonde e si alimenta tra la popolazione proprio perché manca un approccio globale al problema. Di contro, coloro che, a diverso titolo e con diverse motivazioni, si impegnano per la diffusione del fenomeno hanno un compito più facile di coloro che tentano di contrastarlo. I primi, infatti, cavalcano comportamenti utilitaristici, e gli è sufficiente conoscere solo poche nozioni necessarie al proprio fine per insinuarsi tra i vuoti e le incertezze normative dei sistemi di repressione. Ciò fa capire che il fenomeno doping ha trovato, e continuerà a trovare in futuro, un terreno fertile di sviluppo, soprattutto tra le fasce più giovani della popolazione ed, in particolare, tra coloro che praticano attività sportive amatoriali. In questa fascia di popolazione, più che in quelle degli sportivi agonisti e dei professionisti, le “prescrizioni” di sostanze dopanti sono effettuate per lo più da personaggi privi di qualsiasi conoscenza relativa agli effetti collaterali nocivi indotti dall’utilizzo delle sostanze in questione. Questi trasmettono informazioni sulle dosi e sulle modalità d’assunzione che sono il

frutto delle loro personali elaborazioni o di quelle acquisite indirettamente da persone senza alcuna cultura farmacologia.

 

Aspetti legislativi

Con l’introduzione della Legge n°376/2000 “Disciplina della tutela sanitaria delle attività sportive e della lotta contro il doping”, il fenomeno Doping viene finalmente equiparato come gravità a quello delle sostanze stupefacenti, vista la vertiginosa crescita del suo mercato. Quindi da problema di natura sportiva, infatti prima di questa legge l’illecito veniva punito attraverso la normativa sportiva, si sposta l’asse fino a comprendere l’intera comunità prevedendo sanzioni di carattere penale.

La legge definisce doping: “la somministrazione o l’assunzione di farmaci o di sostanze biologicamente o farmacologicamente attive e l’adozione o la sottoposizione a pratiche mediche non giustificate da condizioni patologiche ed idonee a modificare le condizioni psicofisiche o biologiche dell’organismo al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti”. Inoltre considera oltre l’atleta, questo è un altro elemento forte di questa legge perché non scarica la responsabilità esclusivamente sull’atleta, passibile di condanna: “chiunque procura ad altri, somministra, assume o favorisce comunque l’utilizzo di farmaci o di sostanze biologicamente o farmacologicamente attive, che non siano giustificati da condizioni patologiche e siano idonei a modificare le condizioni psicofisiche o biologiche dell’organismo, al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti, ovvero siano diretti a modificare i risultati dei controlli sull’uso di tali farmaci o sostanze”.

Ultimo elemento di novità di questa legge è dato dall’istituzione di una “Commissione per la vigilanza ed il controllo sul doping e per la tutela della salute nelle attività sportive” avente funzione di controllo sull’ampliamento delle classi di sostanze ritenute dopanti, sull’avanzamento delle metodologie per l’indagine anti-doping e inoltre la promozione di campagne d’intervento sul fenomeno.

 

Quanti sono gli sportivi in Italia?

L’ISTAT ha pubblicato nel 2001 i risultati dell’“Indagine Multiscopo – Aspetti della vita quotidiana”[3] dalla quale si possono desumere dati relativi al numero dei praticanti attività sportiva ginnico-motoria nella popolazione italiana.

Soggetti di età superiore a 3 anni che praticano attività sportiva e ginnico-motoria in Italia – Anno 2000 

 

Praticanti attività sportiva

in modo continuativo

 

Praticanti attività sportiva in modo saltuario Pratica di qualche attività fisica

 

Italia 10.019.000

(18%)

5.804.000

(10,4%)

 

18.515.000

(33,2%)

 

Italia nord-occidentale 20,3% 12,7%  

37,7%

 

Italia nord-orientale 21,2% 13,2% 36,2%

 

Italia centrale 19,5% 9,4%  

32,9%

 

Italia meridionale 13,8% 8,0%  

29,2%

 

Italia insulare  

14,1%

 

7,8% 27,6%

 Fonte: ISTAT, 2001

 

La sequenza delle domande del questionario dell’indagine seleziona prima i cittadini che dicono di praticare attività “sportiva” in modo continuativo, poi chi pratica in modo saltuario, poi chi fa “qualche attività fisica” senza ritenerla sportiva. La percentuale complessiva di partecipanti in queste tre fasce supera il 60% della popolazione: si tratta quindi di oltre 34 milioni di persone. L’indagine non distingue gli sportivi professionisti da quelli amatoriali. Si può comunque dedurre che sono potenzialmente a rischio doping circa 10 milioni di italiani, cioè coloro che praticano sport in maniera continuativa. La pratica sportiva nel nostro paese interessa circa 2/3 della popolazione, valore che è stabile nel periodo 1995-2000, ma, nello stesso periodo, coloro che fanno sport assiduamente sono in crescita: dal 17.8 al 20.2%[4].

 

Le dimensioni del doping nello sport moderno

Alla domanda “quali dimensioni ha il doping nello sport moderno” si può rispondere prendendo in esame i dati epidemiologici presenti nella letteratura scientifica. In Norvegia, nel periodo compreso tra il 1977 ed il 1995, tra gli adulti praticanti sport competitivo sono stati rilevati un numero di atleti compreso tra il 15 e il 25% che fanno uso di prodotti dopanti; e tra gli atleti non professionisti o amatori tali percentuali sono comprese tra 20 e 24%[5]. Da una metanalisi condotta su 29 studi in materia di doping[6] è emerso che in Danimarca il 10% dei ciclisti, indipendentemente dall’età e dalla categoria (professionisti o amatori), ammetteva il ricorso sistematico a pratiche dopanti per migliorare la performance. Il rischio che tali dati siano sottostimati è alto, sia per la naturale paura degli intervistati di incorrere in sanzioni sportive e/o penali, sia per l’inadeguatezza dei test di identificazione delle sostanze dopanti, data l’incessante produzione e moltiplicazione delle sostanze e delle tecniche del doping. Infine, uno studio condotto nel 1990 su 1.015 atleti professionisti italiani segnalava che il 10% faceva uso di amfetamine, il 7% faceva uso di tecniche per aumentare l’ematocrito e il 2% assumeva con regolarità betabloccanti.

Ben il 70% degli intervistati riconosceva la preoccupante facilità con cui si poteva accedere alle pratiche illecite del doping[7].

 

Il doping e gli adolescenti

Nei bambini e negli adolescenti praticanti attività sportiva agonistica la prevalenza dell’uso di sostanze dopanti è stimata tra il 3 e il 5%[8]. Le notizie sull’entità della diffusione del fenomeno doping ed in particolare dell’abuso di tali sostanze nella fascia di popolazione in età adolescenziale sono allarmanti[9]:

  • l’utilizzo di anabolizzanti tra i giovani anglosassoni è al terzo posto dopo cannabis ed amfetamine[10];
  • in Francia il ricorso a steroidi anabolizzanti ha avuto un incremento dopo il 1990 a partire già dall’età di 8 anni[11]. Emerge chiaramente nello studio francese quanto sia facile per gli adolescenti procurarsi qualunque tipo di sostanza proibita. Sono frequentemente assunti cocktail di almeno due sostanze e i modi di procurarsi le sostanze più usati sono mediante prescrizione medica, al mercato nero o tramite altri sportivi;
  • in Canada sono circa 83.000 i ragazzi di età compresa tra 11 e 18 che hanno fatto uso di steroidi anabolizzanti nei 12 mesi precedenti un intervista svolta nel 1993[12];
  • la percentuale di giovani ragazzi che in una intervista somministrata nel 1993 in un college della Georgia (USA) hanno ammesso di far uso di steroidi anabolizzanti senza prescrizione medica è del 6%[13];
  • 175.000 ragazze statunitensi in età adolescenziale ha ammesso di aver assunto steroidi anabolizzanti, mentre i coetanei maschi sono circa il doppio. Oltre un milione di soggetti ne avrebbe fatto uso almeno una volta in età compresa tra 12 e 17 anni[14].

 

Le dimensioni del doping in Italia

In Italia manca una precisa valutazione della reale entità del fenomeno Doping, inteso nella sua globalità. Negli ultimi tempi, sulla spinta della Unione Europea e più precisamente delle sue risoluzioni in materia di doping e della destinazione di fondi per la lotta a tale fenomeno, è iniziato, al pari di altri Stati Membri, un lavoro di ricerca sulla diffusione del doping e sul grado di informazione della popolazione sportiva. Il Comitato Olimpico Nazionale Italiano (CONI) pubblica ogni anno i risultati delle positività dei test anti-doping eseguiti su atleti agonisti affiliati alle Federazioni Sportive Nazionali, che sono riportati di seguito[15]:

 

Controlli antidoping effettuati su atleti italiani agonisti dal 1987 al 2000:126.133

Controlli antidoping effettuati su atleti italiani agonisti – anno 2000 (dati aggiornati al 20/3/2002)

Numero di controlli effettuati: 11.063

Numero di positività: 99

 

Controlli antidoping effettuati su atleti italiani agonisti – anno 2001 (dati aggiornati al 20/5/2002)

Numero di controlli effettuati: 8.862

Numero di positività: 71

 

L’analisi dei dati CONI relativi ai casi di positività nello sport di vertice evidenzia un dato che, se considerato in maniera acritica, farebbe pensare ad una relativa diffusione del doping tra gli atleti agonisti italiani. Se ci richiamiamo alla miriade di notizie giornalistiche in materia di doping riportate dai media, delle quali abbiamo dato solo qualche cenno in precedenza, ci rendiamo conto che il quadro che emerge dai dati del CONI sullo sport di vertice difficilmente può corrispondere al vero. E’ verosimile che tali risultati siano largamente sottostimati, non per malafede, ma perché è difficile immaginare che un atleta di livello che decida di utilizzare sostanze dopanti non pensi di programmare i tempi ed i modi del suo protocollo di assunzione in modo da non risultare positivo ai controlli, che avvengono quasi esclusivamente durante le gare ufficiali. Il problema andrebbe affrontato a monte, vale a dire durante la fase di preparazione, quando l’atleta, per sottoporsi ad estenuanti e massacranti allenamenti che gli possano permettere di superare il proprio limite, può sentire la necessità di far uso del doping. Sarebbe quindi auspicabile aumentare il numero di controlli a sorpresa nella fase di preparazione alle competizioni.

Negli adolescenti si stima tra il 4 e il 7% coloro che ricercano sostanze specifiche volte ad aumentare le proprie prestazioni sportive. Si tratta in prevalenza di maschi tra i 16 e 17 anni, in particolare quelli che praticano il fitness o l’atletica. Tra i frequentatori di palestre l’uso di sostanze dopanti è allarmante, arrivando a stimare una prevalenza di uso di anabolizzanti fino al 25%[16].

 

Il Progetto del Comune di Roma

Nel 2000, il Provveditorato agli studi di Roma, con la collaborazione dell’Assessorato allo sport del Comune di Roma, ha effettuato uno studio pilota (Campagna di sensibilizzazione e di informazione sul problema del doping) tra 12.000 studenti (11-13 anni), di Roma e Provincia, sul problema delle sostanze ritenute in grado di incrementare la prestazione sportiva e in particolare sull’uso di prodotti come la creatina e gli aminoacidi a catena ramificata. L’esigenza di effettuare un simile studio, già nell’età della scuola media inferiore, è nata dall’evidenza che il doping non è più circoscritto al mondo dello sport di alto livello. Infatti, il volume imponente e in costante aumento del commercio di farmaci ad effetto dopante rivela che il vero e più grave problema è ormai rappresentato dal doping praticato dalla vasta popolazione degli sportivi amatoriali e dei frequentatori di palestre, perfino in età giovanile. L’uso di creatina e di aminoacidi nella fascia di età considerata, non ha altro significato se non un pericoloso passo di avvicinamento verso l’idea che per fare sport occorre aiutarsi con i farmaci. La ricerca è stata effettuata somministrando un questionario di autovalutazione composto di quattro parti:

  1. Un’intervista semistrutturata, contenente domande sulle abitudini di vita e alimentari, sulla pratica motoria e sportiva e domande specifiche sulla conoscenza e sulla assunzione di vitamine, sali minerali, aminoacidi e creatina. L’obiettivo è stato quello di ottenere informazioni che consentano, da un lato di stimare l’estensione del fenomeno dell’assunzione di integratori e, dall’altro, di evidenziare se esistono nessi non casuali fra l’assunzione di integratori, determinate abitudini di vita ed alimentari e determinate tipologie di pratica sportiva.
  2. Una versione abbreviata e adattata del test sulla motivazione alla pratica sportiva di Gill, Gross & Huddleston[17] , traduzione e validazione italiana a cura di R. Buonamano, A. Cei e A. Mussino[18]. L’autostima corporea è il grado di attrattività che la persona attribuisce al proprio corpo. Valutare questa componente è utile perché una delle motivazioni principali che spinge i giovani a doparsi, oltre al miglioramento della prestazione sportiva, è proprio quella di migliorare il proprio aspetto esteriore, per cui un’autostima corporea sbilanciata può rappresentare un fattore di rischio doping.
  3. Una versione abbreviata e adattata del test sull’auto-efficacia generalizzata di Wegner, Schwartzer & Jerusalem[19], traduzione e validazione italiana a cura di L. Sibitia (1993), mediante il quale valutare la fiducia che la persona ha nella propria capacità di gestire efficacemente qualunque situazione, anche difficile ed imprevista. Valutare questa componente può essere utile per individuare se questo aspetto della fiducia in se stessi ha una valenza positiva o negativa rispetto al ricorso ad integratori.
  4. Una versione abbreviata e adattata del test sull’orientamento al compito e all’ego di Duda[20], traduzione italiana a cura di A. Cei. L’orientamento al compito indica la propensione della persona a dare molto valore all’impegno nello svolgimento dei propri compiti e valuta il proprio successo in

base al miglioramento personale nel tempo. L’orientamento all’ego, invece, indica come la persona dia importanza soprattutto alla supremazia sugli altri e valuta il proprio successo solo nel confronto con gli altri. Queste due disposizioni psicologiche non sono antitetiche o complementari, per cui possiamo riscontrare che un soggetto molto orientato all’ego lo è poco al compito e viceversa, ma possono esserci anche persone dotate di un forte orientamento sia all’ego sia al compito e persone scarsamente dotate di entrambi. Poiché nello sport una scarsa voglia di impegnarsi (basso orientamento al compito), associata alla tendenza a cercare successo ad ogni costo (alto orientamento all’ego) è correlata a comportamenti quali l’inganno sportivo e a disturbi alimentari, l’analisi di queste disposizioni può aiutare l’insegnante ad individuare potenziali fattori di rischio doping.

Il questionario è stato somministrato dagli insegnanti di educazione fisica delle scuole coinvolte nella ricerca. Questi erano stati opportunamente istruiti sulle modalità e sui criteri per la somministrazione, sia mediante un opuscolo informativo sia mediante la partecipazione ad un’apposita campagna di sensibilizzazione e informazione sui problema del doping.

Il primo risultato di notevole rilevanza è che nell’età della scuola secondaria di primo grado, mediamente, il 7,1% dei 5.717 soggetti esaminati per la città di Roma (2.956 maschi e 2.761 femmine) dichiara di assumere creatina e aminoacidi; la percentuale dei soggetti aumenta in misura considerevole al crescere dell’età: 5,0% (a 11 anni), 7,4% (a 12 anni), 9,0% (a 13 anni). Per ognuna delle tre classi di età i maschi che assumono tali sostanze sono percentualmente sempre maggiori rispetto alle femmine. L’assunzione di creatina o aminoacidi sembra essere in rapporto con il tipo di sport praticato: nell’atletica c’è la percentuale più alta di assuntori sia tra i maschi che tra le femmine; tra i maschi segue il fitness (11,9%), la pallacanestro e pallavolo e le arti marziali, in coda calcio, nuoto e tennis (intorno al 7%). Tra le femmine le arti marziali occupano il secondo posto (9,1%) seguito da fitness e nuoto (intorno al 7%). Sulla base dei risultati dell’indagine si può ipotizzare:

– che la scelta di assumere sostanze allo scopo di incrementare la prestazione sportiva rientri in una più generale disponibilità ad assumere sostanze che integrano la normale alimentazione;

– che l’assunzione di aminoacidi e creatina è più frequentemente associata con un elevato livello di orientamento all’ego e con un basso livello di orientamento al compito;

– che i maschi, più fortemente motivati delle femmine a praticare sport, sono più predisposti ad accettare di assumere sostanze per aumentare la propria capacità di prestazione sportiva;

– che la frequenza di casi di assunzione di creatina e aminoacidi, aumenta anche all’aumentare della cosiddetta autoefficacia, e quindi connessa alla fiducia nella propria capacità di gestire efficacemente ogni situazione.

 

Il Progetto dell’Università di Perugia

Il Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale – Centro di Medicina dello Sport, il Dipartimento di Scienze Chirurgiche – Sezione di Medicina Legale e il Dipartimento di Igiene dell’Università di Perugia hanno condotto nel 1999 uno studio sui frequentatori di palestre. Scopo del lavoro è stato quello di indagare sull’atteggiamento dei giovani nei confronti dello sport e sul livello di conoscenza e percezione del fenomeno doping. Per lo studio è stato realizzato un questionario, composto da 18 domande a risposte chiuse ed aperte, che ha impegnato gli sportivi mediamente per circa 5-10 minuti. Il questionario è stato valicato grazie ad uno studio pilota effettuato presso una palestra campione. Sono stati affrontati quattro temi principali: durata e tipo di allenamento svolto, motivazioni che spingono all’attività sportiva, informazioni di tipo comportamentale (alimentazione, uso di farmaci e integratori), valutazione del grado di conoscenza del fenomeno doping. Il questionario terminava con una serie di domande relative allo status socio-demografico dell’intervistato. Per favorire risposte in piena libertà si è provveduto a mantenere l’anonimato sia nella fase di somministrazione sia nella fase di riconsegna, attraverso l’utilizzo di speciali contenitori. I questionari sono stati somministrati, per un periodo di due mesi, presso alcune palestre del territorio scelte con sistema di campionamento semplice. Dei 250 questionari consegnati, 171 sono stati restituiti compilati. La relativamente bassa numerosità del campione non ha consentito di adottare strumenti di inferenza statistica sui dati ottenuti, ma solo una semplice descrizione. Il campione era costituito da 171 individui di cui 95 di sesso maschile e 76 di sesso femminile di età compresa tra i 14 e oltre i 50 anni, con maggiore presenza (80%) di persone nella fascia compresa tra 20 e 30 anni. La maggior parte degli intervistati (72%) non erano sposati; il 30% aveva la licenza media, il 48% il diploma scuola superiore ed il 22% era laureato. L’80% del campione ha dichiarato di praticare attività sportiva tutto l’anno e di frequentare la palestra per almeno tre giorni alla settimana (89%) trattenendosi mediamente per 1-2 ore (72%). Dalla maggior parte degli intervistati (75%) l’attività fisica è considerata molto importante per il proprio benessere, al punto che il 99% percepisce dei miglioramenti sia dal punto fisico che psicologico e fornisce tre principali motivazioni per frequentare la palestra: il 35% per migliorare l’aspetto fisico, il 25% per le relazioni sociali, il 40% per il benessere generale. Relativamente alle abitudini alimentari circa la metà degli sportivi modifica la propria alimentazione aumentando l’apporto di carne, frutta e verdura a fronte di una diminuzione di pasta, zuccheri e grassi. Il 40% utilizza integratori e/o prodotti di erboristeria per sostenere la propria attività fisica, ma solo il 54% dichiara di conoscere la composizione dei prodotti utilizzati. Tra i tipi di integratori utilizzati il 20% sono a base di creatina, il 23% sono aminoacidi, il 25% proteine. Per quanto riguarda invece l’utilizzo di sostanze farmacologicamente attive che migliorano le prestazioni fisico-sportive, il 36% degli intervistati rivela di essere disponibile ad utilizzarle. Di poco inferiore la percentuale (32%) di coloro che ammettono di farne uso. Addirittura il 46% ha una conoscenza diretta di persone che fanno uso costante di sostanze dopanti e considera positivi gli effetti prodotti per diverse ragioni. Gli anabolizzanti sono i più diffusi (35%), seguiti dagli stimolanti (30%), gli antinfiammatori (23%) e i diuretici (12%). Infine, per valutare la reale conoscenza del fenomeno doping, sono state poste una serie di domande dirette sulle fonti di informazione sull’argomento; le nozioni vengono acquisite per il 57% attraverso i mass media e libri (8%), per il 9% dagli amici. Il 12% ha dichiarato di avere avuto esperienza diretta circa l’uso di queste sostanze e solo il 10% del campione ammette di conoscere il problema attraverso informazioni fornita da esperti del settore. Per quanto riguarda la qualità dell’informazione ricevuta sull’argomento viene considerata completa solo dal 14% degli intervistati, sufficientemente approfondita dal 50%, mentre il 36% ritiene che le informazioni siano insufficienti.

 

Doping e medici di base

Nella letteratura esistono tantissimi lavori che vanno ad investigare le diverse dimensioni del fenomeno: sociologica, medica e psicologica. Qui di seguito citerò due lavori che hanno voluto studiare in particolar modo la figura del medico di base nei confronti del fenomeno. Il primo[21] è stato condotto in Francia e ha interessato circa 200 medici di base, dei quali il 73% conosceva le sostanze proibite, mentre solo il 34.5% la legge in vigore sull’utilizzo delle sostanze dopanti. L’11% ha avuto una richiesta di prescrizione di sostanze dopanti e un 10% ha incontrato atleti che avevano assunto sostanze ed erano preoccupate  per il loro stato di salute. Più del 50% ha favorito la sostituzione di una richiesta di sostanze dopanti con altri farmaci. Rispetto alla rappresentazione del fenomeno, l’87% era d’accordo nel ritenere il doping un problema pubblico e una forma di “drug addiction”. Infine  i medici (89%) si ritengono in una situazione strategicamente importante ai fini della prevenzione, ma 77% degli intervistati denunci una scarsa conoscenza del fenomeno.

Il secondo[22] studio condotto in Inghilterra aveva come obiettivo quello di valutare la semplice conoscenza delle sostanze dopanti tra i medici di base e della legge in vigore. In questo case la conoscenza delle sostanze si attestava al 35% degli intervistati, mentre solo il 12% conosceva la normativa.

 

Conclusione

Con questo breve documento sulla situazione del fenomeno Doping si è voluto mostrare un quadro d’insieme complesso dal quale emergono chiari i bisogni d’intervento. La complessità del fenomeno obbliga ad un intervento sinergico tra le componenti chiamate in gioco, in azioni volte sia nei contesti dove potenzialmente possono svilupparsi abitudini pericolose (palestre, attività agonistica), ma anche laddove sembrerebbe non avere particolari implicazioni (tempo libero o attività fisica blanda) dove invece potrebbe ancorarsi a dimensioni di carattere psicosociale. Da qui l’appello ai diversi operatori dello sport e dell’educazione ad una azione congiunta alla definizione di scelte operative rivolte sia ai sistemi e alle persone.

 

 

Bibliografica

[1] Parere del Gruppo Europeo di Etica in merito agli aspetti etici derivanti dal doping nello sport (http://.europa.eu.int/comm/sport/key_files/doping/b_doc_en.html).

[2] Si veda il “Manuale Informativo: Se hai lo sport nel sangue non metterci altro”. Comune di Roma/Assessorato alle Politiche dello Sport – Provveditorato agli Studi di Roma – settembre 2000 – Campagna di sensibilizzazione e informazione sul Problema del doping.

[3] “Indagine Multiscopo: Aspetti della Vita Quotidiana” in “Cultura, socialità e tempo libero” ISTAT, 2001, Collana Informazioni

[4] “Cultura, socialità e tempo libero”, ISTAT 2001, serie “Informazioni”

[5] Bahr R. Tjornhom M. Prevalence of doping in sports: doping control in Norway, 1977-1995. Clin J Sport Med 8:32-7, 1998

[6] Lippi G., Guidi G. Doping e sport. Minerva Medica 90: 345-57, 1999

[7] Scarpino V., Arrigo A., Benzi G., Garattini S., La Vecchia C., Bernardi L.R., Silvestrini G., Tuccimei G. Evaluation of prevalence of doping among Italian athletes. Lancet 336: 1040-1050, 1990;

[8] Lippi G., Guidi G. op. cit;

[9] Buscemi L., Tagliabracci A. “Attività sportiva agonistica e non agonistica in età pediatrica: aspetti normativi e medico legali” in: Atti del Convegno di Udine del 5 aprile 1997;

[10]Dawson R.T. Drugs in sport: the role of the physician J. Endocrinol 170: 55, 2001;

[11] Laure P.Doping: epidemiological studies. Presse Med 29: 1375, 2000;

[12] Canadian Center for Drug-free sport, vedi Dowson, 2001;

[13] Durant R.H., Rickerrt V.I., Ashwort C.S., Newman C., Slaven G. Use of multiple drugs among adolescent who use anabolic steroids. New England Journal of Medicine 328: 922, 1993;

[14] Si veda il sito Internet: www.nida.nih.gov/Infofax/steroids.html;

[15] Si veda il sito Internet http://www.coni.it/antidoping/home.html;

[16] Ci si riferisce ad uno studio, riportato anche in questo volume, svolto nel 1993 dall’Isef di Roma su 400 giovani frequentatori di palestre di body building

[17] Gill D.L., Gross J.B. & Huddleston S. Participation motivation in youth sports. International journal of sport psychology, 14, 1 – 14, 1983;

[18] Buonamano R. & Cei A. & Mussino A. Participation motivation in Italian youth sport. The Sport Psychologist, 9: 265 – 281, 1995;

[19] Wegner M., Schwarzer R. & Jerusalem M. (1993). In Schwarzer R.: Measurement of perceived self-efficacy: Psychometric scales for cross-cultural research. Ed. : Freie Universität Berlin;

[20]Duda J. L. Relationship between task and ego orientation and the perceived purpose of sport among high school athletes. Journal of Sport and Exercise Psychology, 10: 270-280, 1989;

[21] Laure, P; Binsinger, C; Lecerf, T. General practitioners and doping in sport: attitudes and experience. British journal of sports medicine, 2003 Aug, 37(4):335-8; discussion 338

[22] Greenway, P; Greenway, M.. General practitioner knowledge of prohibited substances in sport. British journal of sports medicine, 1997 Jun, 31(2):129-31