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Dalla Psicologia della Salute di Comunità al Capitale Sociale. Una ricerca nel Terzo Settore

PSICOLOGIA DELLA SALUTE DI COMUNITA' E CAPITALE SOCIALE. UNA RICERCA EMPIRICA NEL TERZO SETTORE

Dalla Psicologia della Salute di Comunità al Capitale Sociale. Una ricerca nel Terzo Settore

… Non hanno dottori, ma portano i loro

malati fuori nelle strade dove chi passa

dà consigli a chi soffre per le proprie

malattie o sulla scorta dell’esperienza

personale o sull’osservazione di una

malattia simile già vista …

A nessuno è concesso passare accanto

ad un sofferente in silenzio ma tutti

devono chiedere cosa gli sta succedendo.

(Erodoto, Le Storie)

Introduzione

In una sua relazione, in occasione dell’apertura del VII° Convegno Nazionale di Psicologia della Salute[1], Michael Murray (2006)  ha rinnovato il suo richiamo all’importanza della dimensione collettiva nella Psicologia della Salute. Inoltre ha esplicitato quelle che più di altri potrebbero essere strumenti di intervento per lo Psicologo della Salute, così come i suoi ambiti d’intervento.

L’autore, da anni propone riflessioni sulle pratiche, ma anche sulle teorie in uso all’interno della Psicologia della Salute, forte e continuo è il suo appello ad una dimensione critica che dovrebbe essere sempre presente.

In questo mio lavoro prenderò in considerazione gli spunti riflessivi offerti da Murray, cercando di utilizzarli alla luce di quello che è un progetto di ricerca che sto conducendo sul concetto di Capitale Sociale, ed in particolare su quello generato da Organizzazioni appartenenti al terzo settore.

 

Psicologia della Salute di Comunità

 In un suo lavoro, Murray et al. (2004) evidenziano l’importanza per la Psicologia della Salute di assumere una prospettiva sempre più prossima a quella tipica della Psicologia di Comunità. L’autore, inoltre, conduce un’attenta analisi delle tendenze più attuali espresse  dalla Psicologia della Salute. In merito a quelli che sono gli ambiti di intervento, la Psicologia della Salute all’interno dei manuali in uso, fa riferimento al contesto sociale come dimensione rilevante mentre la maggior parte della ricerca viene condotta a livello individuale o su fattori micro-sociali. Inoltre appaiono poco sviluppati gli ambiti in cui si analizza l’esperienza soggettiva e il significato della malattia, nonché quelli riguardanti le determinanti macro-sociali della salute e della malattia, infine si prendono in poca considerazione la classe sociale, il potere, la disparità economica, elementi questi che invece abbondano in letteratura delle scienze sociali ed economiche perché ritenuti di fondamentale importanza (Marmot & Wilkinson, 1999). Gli interventi praticati dalla Psicologia della Salute possono essere ricondotti all’interno di due macro-aree:

  • Interventi clinici in ambienti medici (Bennett, 2000)
  • Programmi di promozione della salute per la comunità, per lo più sul cambiamento di stili di vita (Bennett & Murphy, 1997).

Per quanto riguarda le teorie in uso in Psicologia della Salute, queste sono una combinazione di teorie socio-cognitive e socio-comportamentiste. Più di recente, all’interno della Psicologia della Salute e in altre discipline si stanno sviluppando temi riguardanti la salute che adottano epistemologie critiche e costruttiviste ed utilizzano metodologie alternative come la ricerca qualitativa (Marks, 2002; Murray, 2000, 2004; Murray & Chamberlain, 1999; Stainton-Rogers, 1996).

Le varie interpretazioni dei concetti Salute e Malattia provenienti da diverse società hanno condotto a modi differenti di trattare la malattia e promuovere la salute. Prendendo in considerazione, ad esempio, la cultura occidentale, nella quale l’approccio dominante è quello biomedico, con il termine salute si indica una condizione della persona in assenza di sintomi fisici. Più recentemente all’approccio biomedico sono state aggiunte la dimensione sociale e quella psicologica, trasformando l’approccio da biomedico a biopsicosociale. La Psicologia della Salute ha formalmente accettato il modello biopsicosociale, ma in pratica ha limitato la sua ricerca all’esplorazione di dimensioni di vari modelli derivanti dalla Social Cognition e alla loro relazione con comportamenti collegati alla salute. Questo tipo di ricerca ha ridotto i processi psicologici a fenomeni misurabili attraverso scale, spesso ignorando fattori sociali di tipo ambientale che sono di fondamentale rilevanza per la definizione costrutti di salute e malattia. Il crescente ricorso all’utilizzo della ricerca qualitativa in Psicologia della Salute, invece, ha permesso di cogliere la “materialità” dell’esperienza sociale (Murray & Campbell, 2003; Williams, 2003) reintroducendo la persona, gruppo o comunità nel proprio ambiente di vita. Una Psicologia della Salute di Comunità comincia con la materialità della disparità del benessere e della salute che esiste all’interno e tra le società. Una Psicologia della Salute di Comunità sviluppa una coscienza critica delle relazioni oppressive che esistono all’interno delle culture.

In tabella 1 vengono presentati i diversi approcci, su alcune dimensioni, tra la Psicologia della Salute Clinica e quella di Comunità. In particolare si possono evidenziare  alcuni punti del confronto, per quanto riguarda ad esempio il “livello di analisi” mentre la Psicologia della Salute di Comunità rivolge i suoi interventi all’interno di un contesto sociale specifico di una comunità, la Psicologia della Salute Clinica esercita i suoi interventi o verso l’individuo o comunque su un ristretto micro-sistema. Un’altra dimensione rilevante nella comprensione della divergenza tra le due modalità di intendere la Psicologia della Salute, è quella relativa alla ”definizione del problema”, infatti mentre per la psicologia della salute clinica la definizione è basata su approcci individualistici che spesso concorrono a creare processi di stigmatizzazione e vittimismo, per la psicologia della salute di comunità la sfida è quella di superare le interpretazioni individualistiche dei problemi arrivando ad inquadrarli all’interno del conteso sociale e le sue caratteristiche (Seidman & Rappaport, 1986). Un ultimo aspetto che voglio prendere in considerazione riguarda alcune delle dimensioni rappresentate in tabella, a partire dal “ruolo del cliente” al “ruolo del professionista” e considerando anche il “tipo di ricerca” abbiamo che mentre per la Psicologia della salute clinica l’intervento consiste nel creare una condizione di potere asimmetrica che conduce ad una prescrizione di un intervento professionale fornito da un “esperto” alla quale il cliente deve adattarsi ed aderire, così come nell’ambito della ricerca svolta essa è basata su assunzioni riconducibili ad una epistemologia positivista che pone particolare enfasi alla sperimentazione e la quantificazione. Queste dimensioni sono trattate diversamente nella Psicologia della Salute di Comunità, per quanto riguarda il tema dell’intervento questo fa riferimento ad un ampio spettro di strategie che vanno dal Self-Help, allo sviluppo di comunità e all’Azione Sociale. Per quanto riguarda il ruolo del cliente e del professionista, la psicologia della salute di comunità assume che il cliente ha della competenze e il ruolo del professionista è di collaboratore-risorsa. Per la Psicologia della Salute di Comunità è importante ridurre lo squilibrio di potere tra se stessi e le persone in situazione di svantaggio incoraggiando l’attivismo, la partecipazione quindi facendo esercitare il controllo e la scelta all’interno del processo di intervento. Per quanto riguarda la ricerca in psicologia della salute di comunità, questa è di tipo partecipante e orientata all’azione (Tolman & Brydon-Miller, 2000). La ricerca si poggia su epistemologie di tipo critico e costruttivista e vengono favoriti i metodi qualitativi poiché riescono a dare voce all’esperienza delle persone con svantaggio, tra questi ricordiamo i metodi narrativi (Murray & Chamberlain, 1999).

Assunzioni e Pratiche Psicologia della Salute Clinica Psicologia della Salute di Comunità
 

Livello di analisi

 

Interpersonale o micro-sistemi Ecologico (mico, meso, macro)
Definizione del problema Basato su filosofie individualistiche che producono vittimismo I problemi sono inquadrati in termini di contesto sociale e diversità culturale
 

Momento dell’intervento

 

Riparativo Preventivo
 

Focus dell’intervento

 

Deficit/problema Competenze/risorse
Obiettivi dell’intervento Riduzione dei comportamenti disadattivi Promozione delle competenze e del benessere
Tipo di intervento Trattamento-riabilitazione Self-help/sviluppo di comunità/Azione sociale
Ruolo del “cliente” Adesione al trattamento prescritto dal professionista Partecipante attivo che esprime scelte e autodirezione
 

Ruolo del professionista

 

Esperto (scienziato-ricercatore) Collaboratore e risorsa
Tipo di ricerca Ricerca applicata basata su assunti positivistici Ricerca azione partecipata basata su assunzioni critiche e costruttiviste
Etica Enfasi su valori individuali, tacita accettazioni dello status quo Enfasi su valori sociali, cambiamento sociale
Discipline con cui collaborare Psichiatria, operatori sociali clinici Sociologia critica, Scienze della salute, Filosofia, Scienze Politiche, Scienze Sociali, Progettazione e geografia.
Tab.1 Assunzioni e pratiche in psicologia della salute clinica e della comunità

Fonte: adattata da Prilleltensky and Nelson (1997).

Metodologia di ricerca in Psicologia della Salute di Comunità

Secondo Murray et al. (1999), i temi centrali nella ricerca in Psicologia della Salute di Comunità sono quattro:

  • identificazione di un appropriato atteggiamento epistemologico e di una piena comprensione delle sue implicazioni per un metodologia di ricerca e in relazione alla comunità;
  • competenze di lavoro in partnership con la comunità e comprensione delle differenti forme di partnership e loro implicazioni;
  • competenze nello sviluppare interventi e proposte per la comunità basati sui risultati delle ricerche condotte
  • competenze in metodologie di ricerca specifiche appropriate ai temi della comunità.

Identificazione di un appropriato atteggiamento epistemologico e di una piena comprensione delle sue implicazioni per una metodologia di ricerca e in relazione alla comunità

Questo primo aspetto è di estremo valore nella conduzione della ricerca in psicologia della salute di comunità. Ogni ricercatore è anche un epistemologo che riflette sulla modalità con cui conduce la ricerca. Le diverse epistemologie conducono a diverse domande relative allo stesso problema, e a diversi approcci e strategie per il campionamento, la raccolta dati e l’interpretazione. Prima di addentrarsi nella ricerca è necessario che il ricercatore abbia presenti le diverse epistemologie e decida quale è con il suo orientamento epistemologico e ontologico. Questo lavoro iniziale, che il ricercatore compie, quindi va ad incidere sulla qualità della ricerca.

Competenze di lavoro in partnership con la comunità e comprensione delle differenti forme di partnership e loro implicazioni

La ricerca in Psicologia della Salute di Comunità è radicata nella comunità stessa e i ricercatori lavorano in partnership con i membri della comunità. Per questo motivo, i ricercatori devono avere competenze che possono essere utili per raggiungere questo tipo di livello di intervento. Nelson, Prilleltensky e MacGilliary (2001) hanno definito il livello base di partnership come “ le relazioni tra la comunità di Psicologi, il gruppo oppresso, e gli altri portatori di interesse che conducono ad un miglioramento dei livelli di presa in carico, compassione, senso di comunità, salute, autodeterminazione, partecipazione, diversità umana, giustizia sociale e mobilità del potere. “ La Ricerca Azione Partecipata (PAR) provvede a fornire una cornice di riferimento per lavorare con i membri della comunità, particolarmente con le fasce svantaggiate (Nelson et al., 1998; Tolman & Brydon-Miller, 2000; Ochocka et al., 2002; Prilleltensky & Nelson, 2002). Le competenze del ricercatore in Psicologia della Salute di Comunità quindi saranno: lavoro di gruppo, consultazione, relazioni umane, comprendere il punto di vista dell’altro, ecc.  Il testo elaborato da Dalton, Elias e Wandersman (2001) riporta molte delle caratteristiche che un lavoro svolto in collaborazione della comunità dovrebbe avere.

Competenze nello sviluppare interventi e proposte per la comunità basati sui risultati delle ricerche condotte

Questo tipo di competenza non fa parte della formazione accademica, ma insieme al precedente aspetto è una competenza importante per un ricerca in Psicologia della Salute di Comunità. Senza una produzione di materiali in uso per la comunità, le comunità non sono incoraggiate a partecipare alla ricerca. Questi prodotti possono includere informazioni, giornali, pieghevoli, report (Samis & White, 1999); programmi, processi e strategie (Maticka-Tyndale et al., 1994; Elkins et al., 1996; e vari esempi in VanVugt, 1994).

Competenze in metodologie di ricerca specifiche appropriate ai temi della comunità

Mentre per le metodologie di ricerca di tipo quantitativo, il ricercatore è sottoposto ad una formazione specifica ed approfondita la stessa cosa non accade per le metodologie di ricerca di tipo qualitativo che vengono privilegiate negli studi in Psicologia della Salute di Comunità. Mentre una formazione in questo tipo di metodologie è di fondamentale importanza (alcuni testi di riferimento possono essere White, 1991; Stringer, 1999; inoltre per la ricerca nell’area della salute Hart e Bond, 1995; Dekonning e Martin, 1996).

 

La Ricerca Azione Partecipata (PAR)

Secondo Baum et al. (2006), la PAR differisce dagli altri approcci usati nella ricerca in salute pubblica perché è basata sulla riflessione, la raccolta dati e l’azione, i quali contribuiscono ad aumentare la salute riducendo le disparità attraverso l’incremento nelle persone partecipanti del loro potere. Questo approccio riflette sia questioni circa la natura della conoscenza, su come essa si genera, ma anche circa il ruolo che questa ha nel determinare ruoli di potere nelle società (Habermas, 1968). Inoltre la PAR afferma che l’esperienza può essere una base del conoscere e che l’apprendimento esperenziale può condurre a legittime forme di conoscenza che influenzano la pratica (Kolb, 1984).

Caratteristiche della PAR

La PAR differisce dalla ricerca convenzionale per tre ragioni. Il primo motivo riguarda la sua modalità, infatti la PAR è caratterizzata dall’azione. L’azione si ottiene attraverso una riflessione ciclica con la quale i partecipanti raccolgono e analizzano i dati e che determina come l’azione proseguirà. Inoltre la PAR pone attenzione alle forme di potere che vengono esercitate, come ad esempio tra ricercatore e partecipanti. In questo tipo di ricerca i partecipanti cessano di essere oggetto della ricerca diventandone partner nelle diverse fasi del processo. Wadsworth (1998) vede la PAR come un’espressione di un nuovo paradigma scientifico” che differisce significativamente dal vecchio paradigma positivista. Infine la PAR differisce dagli approcci meno dinamici, i quali rimuovono i dati e le informazioni dal contesto di appartenenza.

Metodologia e applicazioni  della PAR

La metodologia della ricerca è una pianificazione dell’azione che forma le nostre scelte e l’uso dei metodi anche  in riferimento ai risultati attesi (Crotty, 1998). Più di una decade fa, quando i metodi epidemiologici erano visti come i soli a disposizione per fare ricerca in salute pubblica, alcuni autori (Baum, 1995; Crotty, 1998; Oakley, 2001) cominciarono a introdurre metodologie più articolate.

Dagli inizi degli anni ’90 la PAR ha cominciato ad essere utilizzata nella ricerca e inserita nei manuali  di ricerca.

Inizialmente la PAR era usata negli interventi con popolazioni con basso grado di sviluppo e nella progettazione e valutazione dei servizi per la salute. Più recentemente la PAR è stata utilizzata per promuovere e stimolare forme alternative di trattamento in specifici contesti sanitari (Weaver et al., 2001). Inoltre i principi base della PAR sono stati utilizzati nella valutazione dell’empowerment di una determinata area o comunità (Fetterman et al., 1996). Attraverso la PAR si possono sviluppare progetti trasformando la possibile retorica della partecipazione in azione (Oakley, 1991).

Il concetto di Potere è cruciale nella pratica della PAR. Per Labonte (1990) l’empowerment rappresenta un processo che determina una distribuzione di potere tra le persone in modo tale da ridurre gli squilibri e permettere l’accesso alle risorse. Foucault (1980) esprime una posizione particolare nei confronti della PAR, infatti egli vede il potere come una risultante dall’interazione delle persone, dalle pratiche istituzionali fino all’esercizio di differenti forme di conoscenza. Il suo lavoro sulla discipline e sul controllo mostra che come la pressione di queste variabili conduce le persone alla sottomissione e alla docilità (Foucault, 1977). La PAR sfida i sistemi di sorveglianza e di controllo della conoscenza. Negli ultimi anni negli interventi in salute pubblica e nei servizi per salute,  sia gli operatori che gli utenti hanno avuto ripreso pù potere rispetto alle pratiche istituzionali e nella produzione di nuova conoscenza. Gli sviluppi nella partecipazione hanno implicazioni notevoli per i servizi e le Organizzazioni della salute pubblica poiché questo nuovo modo di fare salute porta a sfidarsi e cercare alternative di collaborazione con le comunità (Putland et al., 1997; Smithies et al., 1998). Infine, ed è questo il mio obiettivo, la Ricerca Azione Partecipata può essere utilizzata anche per la produzione di nuova conoscenza scientifica (White, 1989; Boothroyd et al., 2004).

 

Il Capitale Sociale

Che cos’è il Capitale Sociale

Da una prima definizione fornita dalla Health Development Agency britannica (Morgan & Swann, 2004), il concetto di Capitale Sociale (CS) include in sé delle componenti tra le quali la fiducia, l’impegno civile, la reciprocità, la rete sociale e la comunità. L’idea di CS compare per la prima volta nei lavori di Alexis De Tocqueville, Emile Durkheim e Max Weber (per un ampio resoconto sulle radici storiche del concetto si veda Woolcock, 1998). Il primo riferimento a tale concetto nel suo significato più moderno risale, tuttavia, al 1916, quando Hanifan ne sottolineava l’importanza per l’educazione e le comunità locali.

L’insieme delle risorse attuali e potenziali legate al possesso di una rete stabile di relazioni più o meno istituzionalizzate di conoscenza e riconoscenza reciproca” (Bourdieu, 1986); “il capitale sociale è inerente alla struttura delle relazioni tra persone. Non risiede né nei singoli individui, né negli elementi fisici della produzione” (Coleman, 1988); “per capitale sociale intendiamo qui la fiducia, le norme che regolano la convivenza, le reti di associazionismo civico, elementi che migliorano l’efficienza dell’organizzazione sociale promuovendo iniziative prese di comune accordo” (Putnam, 1993): queste alcune delle definizioni di capitale sociale che, dopo i primi tentativi degli anni ’70 con Loury (1988), per il quale il capitale sociale indica la rete di relazioni familiari e sociali che può accrescere il capitale umano.

In particolare è il lavoro di Putnam che prova ad applicare questo concetto allo studio dei fenomeni politici, soprattutto con la pubblicazione del volume dal titolo “La tradizione civica nelle regioni italiane” del 1993. Putnam, nel suo studio sulle regioni italiane, nota un’elevata correlazione tra indicatori di rendimento istituzionale (cioè di buon funzionamento delle regioni) e diffusione della civicness, ossia di una fiducia interpersonale, che facilita la cooperazione tra i cittadini per obiettivi comuni e favorisce, così, il funzionamento delle istituzioni politiche e le stesse attività economiche. Qualche anno più tardi, Putnam fa di nuovo riferimento alla civicness, sostenendo che “il capitale sociale si riferisce alle connessioni fra gli individui – reti sociali, norme di reciprocità e fiducia che da queste deriva. In questo senso il capitale sociale è strettamente connesso al concetto di ‘senso civico’” (Putnam, 2000). Come Putnam, Fukuyama enfatizza il ruolo delle reti sociali, della fiducia, delle norme e delle sanzioni nel facilitare l’azione collettiva (Fukuyama, 1996). Anche una simile prospettiva, che identifica il concetto di capitale sociale con quello di fiducia, ha suscitato numerose controversie, soprattutto da parte di chi sostiene che “il concetto di capitale sociale è un concetto situazionale e dinamico; un concetto, pertanto, che non si riferisce a un ‘oggetto’ specifico, non può essere appiattito in rigide definizioni, ma deve essere interpretato, di volta in volta, in relazione agli attori, ai fini che perseguono, e al contesto in cui agiscono” (Piselli, 2001).

 

Capitale Sociale e Salute

Il concetto di Capitale Sociale è rilevante per la salute se riteniamo vero che“la nostra salute e la scelta del nostro stile di vita sono  influenzati da dove viviamo, dalle relazioni che abbiamo con chi ci circonda. Comunità stabili e coese, ben organizzate e governate, con servizi accessibili, con collaborazioni fra settore pubblico e privato, volontariato, servizi sociali e sanitari offrono un ambiente che aiuta a fare scelte salutari. Comunità divise, con alti tassi di criminalità, servizi scarsamente coordinati rendono più difficile mantenere lo stato di salute. Le diverse aspettative di vita di comunità anche confinanti ne sono una precisa evidenza. Ma questa diversità fa anche capire quanto è lo spazio per interventi di promozione della salute a livello delle comunità locali.” (Department of Health, 2004). Da queste parole emerge l’importanza che le relazioni  hanno nel determinare i livelli di salute e di benessere di una comunità, ma queste relazioni non sono solo all’interno di un sistema individuale o di gruppo, ma comprendono componenti più ampie della collettività, come le amministrazioni istituzionali pubbliche, le organizzazioni private, ma anche, aggiungerei, quelle organizzazioni che da qualche anno definiamo del Terzo Settore, cioè quell’istanza sociale posizionata in modo diverso dalle precedenti, che in genere è costituita da Associazioni e Cooperative di vario genere.

In letteratura il concetto di Capitale Sociale è stato ampiamente utilizzato per diversi interventi, ma scarsa rimane ancora la sua teorizzazione: alcuni autori lo hanno considerato vago e indiscriminante (Woolcock, 1998; Fine, 1999; Foley & Edwards, 1999; Mohan & Stokke, 2000), altri, nell’analizzare i processi di sviluppo del CS, li hanno giudicati poco chiari (Hayes & Dunn, 1998).

Comunque il concetto di CS ancora oggi è usato e forte appare la sua capacità di muovere ad un livello politico l’attenzione verso la promozione della salute per la comunità.

Da un rapida rassegna critica della letteratura (Wakefield & Poland, 2005) delle diverse applicazione avute negli ultimi anni del CS si possono definire i seguenti settori:

  • Capitale Sociale, Promozione della salute e sviluppo di comunità (Labonte, 1999; Berkman et al., 2000; Hawe & Shiell, 2000; Poland, 2000; Saegert et al., 2001; Kawachi, 2002);
  • Capitale Sociale e Integrazione Sociale (Gittell & Vidal, 1998; Berkman et al., 2000; Pennington & Rydin, 2000; Putnam, 2000; Morris & Braine, 2001; Bauder, 2002; Crow, 2002);
  • Capitale Sociale e Partecipazione Pubblica (Paap & Hanson, 1982; Young, 1990; Wallerstein, 1992; Robertson & Minkler, 1994; Haviland, 1995; Petersen, 1996; Petersen & Lupton, 1996; Foley & Edwards, 1999; Triantafillou & Nielsen, 2001; Vigoda, 2002);
  • Capitale Sociale e Potere (Ward, 1987; Fisher, 1997; Boutilier et al., 2000; Muntaner et al., 2000; Forbes & Wainwright, 2001; Navarro, 2002)

 

Capitale Sociale e Terzo Settore

Non vi è più alcun dubbio che nel corso degli ultimi vent’anni si sia registrata, in Europa e ancor più in Italia, un’inversione di tendenza nell’evoluzione di quell’insieme eterogeneo di Organizzazioni senza scopo di lucro, variamente denominato come volontariato, settore nonprofit, terzo settore o terzo sistema.

Questa crescita è stata documentata da stime e da studi settoriali (Barbetta, 1996; CGM, 1994; 1997) ed è stata recentemente confermata dai dati del Censimento Istat (Istat, 2001). Secondo quest’ultima fonte, a fine 1999 operavano in Italia 221.412 organizzazioni nonprofit. La maggior parte di esse (83,6%) non impiegava forza lavoro remunerata

Fra i quattro criteri che Putnam (1993) utilizza per individuare il senso civico (civicness) vi è la “vivacità” della vita associativa. In questa scelta Putnam si riporta al pensiero di Tocqueville, secondo il quale le associazioni diffondono al loro interno un senso di cooperazione, di solidarietà  e accelerano all’esterno quelle ”articolazioni“ e quelle “aggregazioni di interessi”, che rendono solida una effettiva collaborazione sociale.

Nei lavori di Putnam dunque il capitale sociale è riferito a caratteristiche dell’organizzazione sociale, quali la fiducia, le norme di reciprocità, e le reti di associazionismo civico che promuovono la cooperazione e l’azione collettiva e aumentano quindi l’efficienza della società. Sono soprattutto le reti sociali di tipo orizzontale e le norme di reciprocità generalizzata che generano la fiducia e tengono sotto controllo i comportamenti opportunistici e favoriscono l’azione collettiva. Per questo motivo che il mio lavoro si è concentrato verso quell’istanza sociale rappresentata dal Terzo Settore per indagarne il livello di consapevolezza di generare Capitale Sociale.

Descrizione della ricerca condotta

 Obiettivi

L’obiettivo principale della ricerca era di fornire una base conoscitiva sul tema del CS. Questa base di conoscenza è stata prodotta dall’analisi del testo delle interviste condotte a sei Responsabili di Organizzazioni del Terzo Settore della Provincia di Chieti.

Oltre all’obiettivo principale erano stati considerati degli obiettivi secondari come:

  • attivare una prima riflessione sul concetto di Capitale Sociale in un territorio dove questo termine è poco utilizzato;
  • avviare un confronto tra le realtà coinvolte nello sviluppo sociale e favorire progettualità future.

Metodologia

Sono state condotte sei interviste semistrutturate ad altrettanti Responsabili di Organizzazioni del Terzo Settore della Provincia di Chieti operanti in servizi Socio-Assisstenziali e Culturali. L’intervista prendeva in esame la storia dell’Organizzazione, dalla sua nascita ad oggi considerando i progetti realizzati e la ricaduta di questi sul territorio, inoltre veniva chiesto il ruolo sociale che l’organizzazione ricopriva nella comunità. Infine agli intervistati venivano fatte domande relative al concetto di Capitale Sociale.

Analisi e Risultati

Dall’analisi del testo delle risposte e dal conteggio delle parole che si sono presentate con maggior frequenza sono state create delle categorie, essenziali per comprendere meglio cosa gli intervistati hanno ritenuto più importante e rilevante comunicare.

Un primo elemento importante da considerare è relativo alla nascita dell’organizzazione, infatti in questo caso esistono differenze tra Associazioni e Cooperative, mentre le prime generalmente nascono attraverso la volontà di un gruppo di persone anche numeroso, le seconde prendono spunto da l’idea di una persona o da poche persone, inoltre il motivo della nascita è generalmente di tipo occupazionale per le Cooperative, mentre le associazioni avrebbero finalità sociali basate sull’impegno volontaristico. Un’altra differenza sostanziale tra i due tipi di organizzazioni risiede nel tipo di relazioni (formali e informali) possedute, mentre le cooperative tendono ad avere relazioni con il proprio territorio, quindi locali, le altre realtà mostrano relazioni con partner nazionali e internazionali.

Per quanto riguarda la definizione del concetto di Capitale Sociale, sia le Associazione che le Cooperative hanno avuto notevoli difficoltà a darne una definizione, in tutti i casi si è ricorsi all’utilizzo della metafora o di una semplice parola per rendere la propria idea. In particolare sono emersi queste:

  • bagaglio di esperienze;
  • risorsa umana;
  • patrimonializzazione delle esperienze;
  • sviluppo;
  • professionalità.

Per quanto riguarda la domanda su quali siano le componenti strutturali del Capitale Sociale vi è stato un accordo sull’importanza della fiducia, della reciprocità e l’impegno civile, ma senza sapere esplicitare in quali termini esista una relazione tra loro. Inoltre entrambe le tipologie, Associazioni e Cooperative, hanno mostrato particolari difficoltà ad identificare nella propria attività quotidiana quelle pratiche che hanno a che fare in qualche modo con il concetto di Capitale Sociale.


Conclusioni

Questa prima indagine ha avuto l’obiettivo di raccogliere rappresentazioni, motivazioni e suggestioni di operatori del Terzo Settore, impegnati ogni giorno in attività di particolare rilevanza sociale, rivolte a persone, gruppi o ad intere comunità. Attività che contribuiscono a innalzare il livello di vita delle diverse fasce della popolazione, da chi si trova in situazioni di particolare difficoltà, ma anche del normale cittadino che vive il proprio territorio e che esprime un “semplice” bisogno di partecipazione alla vita pubblica e politica. Queste sono i contributi offerti da questi lavoratori verso i quali è doveroso indirizzare l’attenzione, soprattutto da chi si occupa di Salute pubblica. Per questo motivo questa prima raccolta di dati dovrà servire a lanciare un progetto di Ricerca Azione Partecipata (PAR) che coinvolgerà queste Organizzazioni considerandole una componente indispensabile per la costruzione di uno stato di Salute pubblica di una comunità.

 

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[1] Convegno tenutosi a Cesena nei giorni 28-30 Settembre 2006.