GLI EFFETTI DELL’UMORISMO SULLA SALUTE
GLI EFFETTI DELL’UMORISMO SULLA SALUTE
QUARTO CAPITOLO
GLI EFFETTI DELL’UMORISMO SULLA SALUTE
Molte ipotesi sono state proposte sugli effetti salutari dell’umorismo, ed in particolare del riso. Una persona che ride, che dice delle barzellette, che è capace di far divertire se stesso e gli altri, indica che è fisicamente e mentalmente in salute, che sta gestendo le sue afflizioni di vita quotidiana in maniera “salutare” (Francescato, 2001; Walsh, 1928; McComas, 1923)
Il riso e l’humor sono stati lodati come “salutari per il corpo” perché ristabiliscono l’omeostasi, stabilizzano la pressione sanguigna, stimolano la circolazione, facilitano la digestione, rilassano il sistema e producono un sentimento di benessere (Dearborn, 1900; McDougall, 1922; Menon, 1931).
La ricerca sugli effetti salutari dell’umorismo ha ricevuto un forte impulso dagli scritti di Norman Cousins, nei quali egli documenta la sua guarigione dal dolore e dalla malattia in seguito alla visione di film umoristici e di un paio d’ore di “risate sfrenate” (1979).
Recentemente Bertini (2001) riferisce di uno studio condotto su pazienti affetti da malattia renale, a quali veniva presentato, durante le sedute di emodialisi, un film comico. Rifacendosi a degli studi precedenti che avevano dimostrato la componente stressogena di queste sessioni, si è visto che nei soggetti a cui veniva presentato il film comico, che induce sorriso e dispone al buon umore, la quantità di ormoni da stress misurata dopo il trattamento è stata minore, rispetto a quella di una precedente sessione emodialitica non accompagnata dalla visione del film.
Gli effetti fisiologici del riso sembrano essere simili a quelli dell’esercizio fisico, inclusa la riduzione della tensione muscolare, del ritmo cardiaco e di quello respiratorio, seguiti da un effetto di rilassamento.
Gli effetti si estendono anche al sistema immunitario ed il riso può essere accompagnato da modifiche a livello di immunoglobuline IgA, potenziatore immunitario legato in particolar modo al sistema respiratorio (Martin & Dobbin, 1988).
Non è ancora chiaro, nonostante i numerosi studi, se questi effetti abbiano conseguenze a lungo termine (Berk et a.l, 1988; Berk et al.,1989; Lefcourt, Davidson-Katz & Kueneman, 1990; Martin & Dobbin, 1988).
Kamei, Kumano, Masumura (1997) riscontrano un decremento dell’attività delle cellule NK, in un campione di 8 studenti universitari, in seguito alla visione di un video divertente. Tali risultati contrasterebbero quanto dimostrato da autori precedenti (Berk et al., 1989) che, invece, avevano riscontrato come la visione di un film comico, capace di indurre una risata e un conseguente umore positivo, comportasse un aumento dell’attività NK, indice di un migliore funzionamento dell’immunità cellulare. Secondo Considerando uno studio condotto sugli effetti di eventi stressanti sul sistema immunitario (Kondo, Morimoto, 1996; Naliboff, Benton,Solomon, Morley, Fahey, Bloom, Makinodan, Gilmore, 1991) nel quale in seguito ad un compito stressante (test aritmetico) si registrò un aumento dell’attività delle cellule NK, Kamei, Kumano, Masumura (1997) ipotizzano che come i parametri immunologici varino in funzione di un stress acuto o cronico lo stesso si potrebbe dire per il senso dell’umorismo, bisognerebbe quindi indagare gli effetti dello humour a lungo temine. (ad es. gli effetti della terapia dell’humour sul sistema immunitario).
Uno studio recente (Rivera, 2003), mostra come l’utilizzo del senso di humour nelle attività educative e ricreative di bambini affetti da malattie croniche e a lunga degenza possa rappresentare una ottima strategia di promozione del benessere individuale.
Risultati simili, vengono mostrati da uno studio condotto con pazienti di un ospedale in una unità di riabilitazione testati con un programma di promozione positiva (Scholl, Ragan, 2003).
Alcuni autori hanno sottolineato come l’umorismo possa agire come strumento comunicativo così come fornire un legame emotivo.
Kuhlman (1988) ha descritto come l’umorismo in uno staff di un carcere di massima sicurezza rappresenti un linguaggio emozionale.
L’umorismo può servire a più di una funzione. La gente può usare l’umorismo per aiutarsi a tenere lontano dalla coscienza dei pensieri negativi, ed anche approfittare dei benefici sociali che questo procura (Thorson & Powell, 1993).
In uno studio recente, Thorson, et al. (1997) hanno suggerito che il senso dell’umorismo sia una strategia di coping che permette di fronteggiare al meglio gli eventi di vita negativi e che è un antidoto per mantenere soddisfazione nell’arco della vita. Gli autori definiscono l’humour come un costrutto multidimensionale, correlato con una serie di caratteristiche predittive della qualità di vita, Somministrando ad un campione di 612 persone di età compresa tra i 17 e i 92 anni una batteria di test tra cui il Multimensional Sense of Humor Scale (MSHS), si è visto che i punteggi riportati sulla scala di valutazione dell’umorismo sono correlati significativamente e positivamente con la salute psicologica e una serie di caratteristiche positive quali, l’ottimismo, l’auto-stima, l’assertività, la socievolezza, le emozioni positive, l’estroversione, la creatività e la vivacità intellettuale, mentre sono correlati negativamente con i sintomi da distress (ansia, stati depressivi, aggressività, pessimismo, paura di morire, umore negativo, ecc). Queste correlazioni sono risultate ancora più significative per la popolazione anziana e con differenze in base al sesso.
Vi è una crescente evidenza che l’umorismo possa aumentare la creatività, le capacità di problem-solving e la memoria. Johnson (1990) suggerisce di usare l’umorismo come metodo innovativo per educare su questioni delicate quali l’invecchiamento, la morte, il morire, il cordoglio ed il suicidio. Ipotizza che l’utilizzo dell’umorismo nei contesti educativi aumenti la comprensione, incrementi il ricordo e migliori il livello delle competenze.
Complessivamente gli studi sembrano confermare che umorismo e riso sono da considerare importanti fattori del nostro benessere e della qualità di vita (Thorson, Powell, Sarmany-Schuller & Hampes, 1997; Panish, 2002).